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La SOLITUDINE...

Condanna o disgrazia?


Quante volte ci siamo chiesti: l’attitudine a rimanere da soli è l’espressione di una mancanza di adattamento al mondo o una realizzazione del proprio sé?

Quante persone si riconoscono in un lupo solitario? Quanti di voi, invece, rifuggono la solitudine come se fosse la peggiore delle condanne?


“Ho cercato la solitudine perché non ho mai ottenuto gentilezza da un essere umano senza pagarne l’intero prezzo 

col mio cuore.”

(Khalil Gibran)


Parlerei della solitudine prima di ogni cosa nella sua materialità. Mi spiego meglio. Prima di essere uno stato mentale o affettivo, la solitudine è materia. Per esempio, è la materia che osservo in questo momento. E’ mezzanotte e mezza quasi, il cielo è già completamente nero, tutto attorno è silenzioso, ed è fatto di materia anche il silenzio. I miei gatti sono accoccolati sul divano, mentre li guardo pulirsi vicendevolmente. Come vedete, la solitudine, può diventare molto densa e piena di elementi. La solitudine è prima di tutto questo: uno stato materiale. Come se nessuno bussasse alla nostra porta. Come se nessuno venisse esattamente dove siamo. Forse, nemmeno noi stessi.

Ma la solitudine, quindi, si avvicina di più ad uno stato di grazia o ad una maledizione?

Ci sono due tipi di solitudine. Una pessima solitudine, oscura e pesante. Una solitudine di abbandono, dove i nostri modelli comportamentali abbandonanti, se non opportunamente risolti, continueranno a trascinarci nel baratro. L’altro tipo di solitudine è quella che personalmente amo e che frequento, e di cui parlo proprio come un’innamorata parla del suo amato. Uno stato di grazia a cui possiamo rivolgerci come una rondine va verso la primavera. Non importa se nessuno ci ama più, se nessuno ci guarda più, non importa più alcun giudizio sulla nostra persona. In qualsiasi momento, possiamo fare tesoro di aver amato, guardato, ascoltato, almeno una volta nella vita. E quando tutto ciò è stato fatto anche in minima parte, allora possiamo anche restare soli, esattamente come siamo venuti al mondo.

Potremmo chiederci dunque se sono due generi di solitudine diversa, o se essa stessa cambia volto in funzione dello sguardo che le rivolgiamo…

Nello stato di grazia della solitudine, non c’è l’ombra dell’isolamento, che invece impazza da un anno a questa parte nel nostro Paese. Solitudine e patologie come l’ipocondria, in questo momento storico vanno di pari passo. Una persona affetta da ipocondria, fra l’altro, non riconosce la natura psicologica del suo disturbo e persevera nel cercare una spiegazione al suo disagio. Il timore di sviluppare una patologia medica rivela pertanto un grande senso di vulnerabilità, che viene esacerbata da uno stato di solitudine forzata. Infatti l’immagine di sé risulta essere spesso quella di una persona fragile, con difese immunitarie che non reagiscono, che vanno a costituire la propria immagine e identità. E, come ripeto spesso, queste credenze traggono origine dalle relazioni che si sviluppano con le persone significative della propria infanzia, ovvero madre, padre, tutori o genitori adottivi.

Secondo alcuni studi “il corpo rivestirebbe il ruolo di nostro punto di contatto con il mondo esterno, rappresenterebbe la nostra immagine allo specchio e spesso il modo in cui percepiamo interamente noi stessi. Quindi, in questo senso, la fragilità del corpo sarebbe direttamente collegata con la fragilità mentale dell’individuo”. Fragilità mentale a cui va aggiunto il timore della morte, paura antica e condivisa che la persona ipocondriaca cercherà di controllare, schiantandosi contro la solitudine quotidiana desolante


Ci si può sentire soli e soffrire di solitudine anche in compagnia di familiari o amici/conoscenti

Sì. Quando abbiamo un vuoto da riempire, e lo riempiamo con qualcosa che non riuscirà realmente a colmarci. Quando lo riempiremo con persone che però non ci daranno l’opportunità di restare da soli e incontrare noi stessi. Ancora peggio, quando la solitudine invade la coppia


L’altra faccia della medaglia è la solitudine come pace interiore. Essa si raggiunge con allenamento, ad esempio, alla noia. Cercando di restare senza “fare nulla”, sfidando l’occidentale claim per cui non si può perdere tempo, e consacrandosi invece al restare nel presente, da soli, senza bisogno di riempire e annaffiare il nostro vuoto. Si allena non accendendo mai la televisione. Vivendo nel silenzio totale per un po’ di tempo al giorno, che non sempre è facile per chi ha - ad esempio - una famiglia con bimbi piccoli o adolescenti. Sganciandosi dai social. Evitando di riversare continuamente le proprie preoccupazioni sugli amici, ma gestendole con metodo con esercizi adeguati, ad esempio, fino a non pre-occuparsi più, se non per il momento presente.

Ma vivere nella solitudine e nel silenzio, ormai, è diventato un lusso, che non tutti possono permettersi. 


La solitudine viene spesso tacciata di egoismo, etichettata come disadattamento, oppure qualificata come rifugio dal mondo esterno. 

Potrebbero essere posti in essere anche questi comportamenti, ma nulla hanno a che vedere con la solitudine, che diventerebbe solo la conseguenza logica di tali attitudini. Piuttosto, nella solitudine, possiamo parlare di “bisogno di proteggersi, di ritirarsi”, esattamente come fanno gli animali quando cercano di evitare di incontrarne altri. Per preservarsi, senza aver nulla a che fare con una fuga di tipo autistico. 


Nelle società antiche e nella cultura orientale, la solitudine era legata indissolubilmente alla saggezza. Attualmente, la tendenza è quella di pensare che la persona sola, o meglio in solitudine, sia un’emarginata. Questa è una distorsione cognitiva che purtroppo si è venuta a creare quando le persone hanno iniziato a non stare più in buona compagnia con se stessi, e hanno proiettato il disagio di rimanere soli su chi, invece, ne trae solo beneficio. 


Il rischio è che spesso, chi ha la tendenza a farsi fagocitare dal primo tipo di solitudine, limita i propri desideri poiché si impedisce di fare qualcosa che amerebbe fare, ma che non fa se non ha altre persone al proprio fianco. Invece, c’è un mondo infinito di possibilità attorno a noi, che non vanno ignorate!

Non vi è nulla di male ad andare al cinema, a cena, a fare una gita da soli. Ed ora che molte persone sono rinchiuse in casa per i decreti (…) e che tutto ciò che rientrava nell’ordine delle attività sociali ci è stato negato, non riescono più ad uscire da questa oppressione.


Abbracciate la solitudine, e soprattutto cercatela e amatela, poiché come dice uno dei miei maestri…




“Per amare, bisogna compiere un lavoro interiore che solo la solitudine rende possibile.”

~ Alejandro Jodorowsky ~

 
 
 

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